Chiudi gli Occhi

Una coppia di sposi che vive nella rumorosa Bangkok. Un handicap, la cecità di lei, Gina, che la rende dipendente dalle cure e dalla costante presenza di lui, James.

Il binomio amore-libertà viene in questo film esplorato attraverso la vicenda di Gina che, cieca a causa di un incidente in cui ha perso i genitori, vive come moglie di James nella completa inconsapevolezza di sé. Quando un medico si dichiara disponibile ad operare Gina effettuando un trapianto di cornea si apre uno spiraglio nella monotonia della donna. L’operazione riesce e Gina recupera la vista da un occhio.

Il ritorno alla normalità mette in crisi il rapporto fra la coppia, i ruoli non sono più quelli di prima. Gina si scopre donna, acquista sicurezza, diventa consapevole della propria avvenenza. Si ritrova a vivere in un mondo colorato ma diverso dalla propria immaginazione e si scopre sconosciuta a sé, come se la cecità le avesse proibito di vedere se stessa e la sua vera natura. Coglie tante piccole falle nel suo rapporto con James e nel suo stile di vita. La sua realtà sboccia, può approcciarvisi e giudicarla con i suoi occhi senza il filtro del marito. A poco a poco, Gina comincia a rendersi conto che James vive la sua indipendenza come una minaccia, realizza come lui la consideri una moglie inerte e che questo serve a renderlo un uomo sicuro.  James è infatti roso dall’incapacità di controllare la nuova Gina, non accetta la sua indipendenza, il suo desiderio. Prova a boicottarla, rifilandole delle gocce sbagliate e causandole un rischio di rigetto della cornea. Scoperto l’inganno Gina, che fino a quel momento aveva cercato di capire l’inquietudine del marito, capisce il pericolo a cui va incontro rimanendo con lui e si lascia prendere dall’attrazione per un ragazzo più bello ed intraprendente.

Efficace è la scelta di inserire delle soggettive di Gina che donano allo spettatore una vera esperienza sensoriale, conducendolo nel viaggio che la donna compie dalla cecità alla visione, da forme di luce, lampi di colore alla realtà.

Quello che rimane alla fine della visione è la sensazione che l’amore sia la risposta al bisogno dell’uomo, quello di essere amati ma anche quello di amare e, dunque, di lasciare andare, di accettare l’indipendenza e le scelte dell’altro. E che prendersi cura di qualcuno significa accettare che un giorno questo “qualcuno” potrebbe non avere più bisogno di te. In questo senso l’immagine dell’uccello con un’ala spezzata è la più coerente con il sentimento che muove James verso Gina: vuole prendersene cura senza pensare di donarle la libertà che merita. 

Forse il vero handicap del film è il finale, una conclusione che pare insensata e che delude delle aspettative abilmente settate nel primo e secondo atto. 

Annamaria Pesaresi

Riminese di nascita, romana di adozione, dopo la laurea in Giurisprudenza ho viaggiato e scoperto la passione per la scrittura. A Settembre mi sono diplomata in Sceneggiatura presso la Roma Film Academy di Cinecittà. email : [email protected]

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