ONWARD – OLTRE LA MAGIA

Immaginate un classico mondo fantasy pieno di creature magiche e fatate come elfi, folletti, unicorni, draghi e centauri. Allo stesso tempo, immaginate un mondo come il nostro: al passo con la tecnologia, in cui il progresso ha fatto passi da gigante, portando ad invenzioni ed artifici che hanno sì semplificato terribilmente la vita dei suoi abitanti, ma anche annientato quasi tutte le forme di magia esistenti. Bene, unendo queste due dimensioni insieme, otterrete il mondo di Onward – ultima fatica di casa Pixar dopo l’emozionante e premiato ritorno dei coloratissimi giocattoli di Andy in Toy Story 4.

Contraddistinto da una distribuzione travagliata sia in patria (dove si è scelto di rilasciarlo direttamente sulla piattaforma streaming Disney+) sia all’estero per via dell’emergenza sanitaria, Onward racconta la storia dei fratelli Lightfoot, Ian e Barley. I due sono caratterialmente opposti: il primo è insicuro, timido e timoroso, il secondo, al contrario, risulta forse fin troppo sfrontato e chiassoso. Entrambi sono però accomunati da un sentimento comune, ossia la perdita del padre a causa di una grave malattia, che li porta a chiudersi ancor più in sé stessi o nelle proprie passioni. Infatti, Barley è un grande esperto e conoscitore di com’era il mondo prima dell’avvento della tecnologia e passa gran parte delle sue giornate giocando ad un gioco di ruolo stile Dungeons and Dragons. Tutto cambia però quando, in occasione del sedicesimo compleanno di Ian, i due elfi ricevono in dono un bastone ed una pietra magici, lasciatigli proprio dal padre prima di morire. Seguendo le indicazioni riportate sulla lettera allegata al regalo, Ian riesce, come per magia, a compiere un “incantesimo di visita”, riportando in vita il padre soltanto per un giorno. Purtroppo, qualcosa va storto e soltanto la parte inferiore del corpo del padre viene riformata. Decisi a riparare il proprio errore, i due (in compagnia delle gambe paterne) partiranno in missione alla ricerca di un’altra gemma che possa portare a compimento l’incantesimo, permettendogli così di riabbracciare, per l’ultima volta, l’amato genitore.

Se, in Onward, la magia rappresenta il vero e proprio fil rouge e motore degli eventi, la produzione del film non poteva certo astenersi dal rendere questa stessa magia e questo stesso fascino le principali basi fondanti il suo comparto visivo. Uniformandosi ad altre creazioni Pixar recenti quali Coco, Gli Incredibili 2 e il già citato Toy Story 4, tecnicamente parlando, la pellicola si attesta su pregevoli livelli di fattura. Una regia accordata e sempre conforme e precisa rispetto a ciò che sta avvenendo su schermo fa da pilastro ad un ottimo e fluidissimo lavoro di animazione e ad un’estetica fresca e solare che, già da sé, contribuisce in larga parte alla buona riuscita del prodotto – merito di concept art ispirati e mai banali o ridondanti e di uno studio puntiglioso dietro la creazione di un universo organico, basato su una commistione tra reale e fantastico, di cui è possibile respirare l’assoluta originalità. Chiude il comparto tecnico-artistico una colonna sonora intonata con le atmosfere e il racconto del film, ma che, a differenza di altre soundtrack di casa Disney, pecca di pochissima memorabilità.

Questo incanto e suggestione, provocati nello spettatore dal comparto visivo, sono però frutto, ancor prima che di una produzione artistica stimolata e stimolante, di un soggetto tanto singolare quanto infinitamente sfruttabile. Questa specie di reinvenzione del fantasy classico – di cui si conservano i tratti tipici e caratteristici – si fa carico, in maniera silenziosa e quasi impercettibile, di una tematica sociale, quella dell’integrazione, estremamente attuale. Ciò nonostante, come prevedibile – trattandosi di un’opera Pixar -, quello dell’integrazione non è il solo tema ad essere affrontato dagli autori di Onward. La pellicola tocca discorsi tra i più disparati – dai più classici e sdoganati come la crescita e il rapporto paterno e fraterno, fino ad altri ben più impegnativi e “pesanti” come il superamento di un lutto -, costruendosi così un’identità solida e diretta che, mediante una scrittura sensibile, delicata e calorosa, riesce ad arrivare alle corde emotive di tutti quanti, grandi e piccini. Tutto ciò non sarebbe però possibile senza un parterre di personaggi così ben caratterizzati e così visibilmente umani, pur essendo creature di fantasia. Ad un certo punto del racconto, infatti, lo spettatore si immedesimerà così tanto nei due fratelli Lightfoot e nella loro missione da dimenticarsi completamente che ciò che sta vedendo su schermo siano personaggi animati ed inesistenti.

Detto ciò, è tempo di passare alle temute note dolenti, perché, a discapito di quello che si penserebbe, Onward, nel suo essere giocoso e vivace, presenta anche un paio di momenti di totale ombra. Infatti, dopo aver lanciato la pietra chiamata innovazione immaginifica e creativa, il film ritira la mano, presentando una struttura e progressione degli eventi fin troppo classica, quasi scontata, ed un umorismo che, nonostante tenti a più riprese di far ridere lo spettatore, non riesce pienamente nei propri intenti, con gag che vengono ripetute ad oltranza che strapperanno una risata soltanto ai piccoli spettatori. Malgrado ciò, questi due principali difetti non arrivano a minare completamente l’efficacia di un prodotto che potrebbe considerarsi, a tutti gli effetti, un adattamento cinematografico apocrifo del già nominato Dungeons and Dragons.

Ai difetti corrispondono però altrettanti pregi che fanno di Onward un film Pixar che, una volta finito, lascia un ottimo ricordo di sé nella mente dello spettatore. Difatti, questi viene immediatamente catturato da Ian e Buckley e dal loro mondo, fatato ma tremendamente familiare, lasciandosi immergere in un road/buddy movie old school che, catturando perfettamente lo spirito avventuroso sia della tradizione fantasy che dello stesso DnD, tocca vette di pura emotività. Tutto questo mediante il solo uso di pochi e semplici elementi che, armoniosi ed equilibrati, riescono ad innescare quella magia a cui la Pixar ci ha sempre abituati.
In definitiva, pur configurandosi come una delle pellicole che più ricorda i classici Disney e meno memorabili della produzione Pixar recente, Onward si mostra allo spettatore come un film d’animazione solido e dalla forte identità che, regalando due ore di pura emozione e divertimento, potrebbe dare vita ad innumerevoli sequel.

Nicolò Baraccani
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