Avengers Infinity War

Sono passati 10 anni da quando il primo Iron Man (2008) conquistava le sale di tutto il mondo introducendoci per la prima volta nell’Universo Cinematografico Marvel e da allora la Disney non si è mai fermata, aggiungendo sempre nuovi capitoli, spingendo i limiti sempre più lontano e alzando sempre più gli standard qualitativi dei cinecomics.

La solidissima formula Marvel ha infatti continuato a crescere e arricchirsi, allontanandosi sempre più dalla classica origin story per rischiare e sperimentare con stili, tematiche e target di riferimento diversi, dalla commedia adolescenziale alla space adventure, continuando ancora e ancora a dimostrare che il fumetto al cinema non è un genere e che con i giusti presupposti può vincere tutte le volte, conquistare pubblico e critica, raggiungere vette sempre più alte.

Eppure, nonostante queste premesse eccezionali, credo che nessuno fosse preparato a qualcosa di così colossale e spiazzante. Avengers: Infinity War – già il terzo crossover targato Marvel – è l’incontro da tanto atteso non solo degli eroi che abbiamo imparato a conoscere e amare, ma un vero e proprio amalgama di mondi e toni diversi, di situazioni che avevamo visto lentamente convergere e che infine collidono in uno spettacolo senza precedenti.

E già solo questo funziona meglio di quanto ci si potesse immaginare. Perché i personaggi coinvolti a questo giro sono davvero tanti, troppi, ma i fratelli Russo trovano il giusto incastro per tutti, mescolando le carte e creando combinazioni insospettabili ed esilaranti, come Thor e Rocket Racoon o i due Peter (Parker e Quill, alias Star Lord). Il tempo dedicato a ognuno di loro non può che essere esiguo, eppure le solidissime basi costruite in questi anni riescono far funzionare questo meccanismo in modo impeccabile, quasi privo di sbavature (Bruce Banner è l’unica nota stonata, davvero troppo macchiettistico e sacrificato). Ma l’elemento davvero unificante, il perno attorno al quale storie e personaggi ruotano e che regala un senso tutto nuovo all’ennesimo cinecomics è solo uno, Thanos.

Non è solo l’ultimo di una lunga serie di villain, non è solo un cattivo da sconfiggere. Thanos è un personaggio tridimensionale e ricco di sfumature, animato da una lucida follia che lo rende al contempo magnetico e spaventoso, merito anche dell’ottima prova di Josh Brolin in motion capture. Thanos è protagonista di alcuni dei momenti qualitativamente più alti mai visti in un cinecomic, in particolare quelli condivisi con Gamora: il loro rapporto complesso e ambivalente, tra la conflittualità e un affetto inesprimibile, è il vero cuore del film.

Il “Titano pazzo” è un personaggio drammatico, che si infiltra nei toni farseschi degli eroi Marvel causando un lento ma inesorabile cambio di tono per tutta la durata del conflitto. Non fatevi ingannare dalla leggerezza delle battute (sempre azzeccate, mai fuori contesto) della prima parte, non siamo di fronte all’umorismo che – nel bene e nel male – ha caratterizzato i precedenti film dell’MCU. Perché Infinity War non è solo un cinecomics, non è solo il tassello mancante che dà un senso più grande e profondo a tutti questi anni di world building, ma è anche uno dei migliori blockbuster degli ultimi vent’anni.

Se non l’avete ancora visto, che state aspettando?

Valentina Buggè

24 anni, disegnatrice compulsiva, negli ultimi anni la mia passione per il fumetto e l'animazione si è estesa al cinema in tutte le sue forme. Laureata in architettura, il mio sogno nel cassetto è specializzarmi in scenografia. Nel frattempo, divido le mie giornate (e quando serve le nottate) tra plastici, film e manuali di cinema email : [email protected]

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