
ALITA ANGELO DELLA BATTAGLIA
BATTLE ANGEL ALITA è un manga Sci-Fi degli anni ’90, nato dalla penna di Yukito Kishiro, opera di culto per gli appassionati e non.
Non è un caso che un genio della fantascienza come James Cameron volesse sfruttarlo per un kolossal al cinema, ma ha dovuto rimandare per anni il progetto, causa limiti della “vecchia” computer grafica, non più un problema per in giorni nostril; ad aiutarlo c’è Robert Rodriguez, uno dei registi più poliedrici e altalenanti di Hollywood: passare da perle action-horror (Dal tramonto all’alba, Planet Terror, Machete) a cinefumetti sperimentali (Sin City), fino a discutibili film per ragazzi (Le avventure di Sharkboy e Lavagirl) pare uno scherzo per l’autore messicano, al quale Cameron ha donato la propria sceneggiatura e un budget di 200 milioni di dollari. Ecco dunque ALITA – L’ANGELO DELLA BATTAGLIA, che sta già dividendo critica e pubblico (è anche questa la magia del cinema) e che, pur con dei limiti, ha un cuore per l”intrattenimento davvero notevole.
Di fantascienza a tema distopico (Blade Runner per dirne uno) ne siamo saturi, di mondi post – apocalittici con (super)eroi e (super)cattivi anche, ma tutte le storie di fantasia, in ogni settore artistico, ruotano attorno al “già visto”. La quantità di temi e messaggi, vista l’opera da cui proviene, era impossibile da spalmare in sole due ore: forse dovremmo attendere nuovi capitol per una nuova saga (Cameron è un furbo imprenditore oltreché grande regista). In confronto ad esponenti Sci-Fi, il film gioca su una prima parte più leggera e giocosa (alla Rodriguez) e una seconda più cupa e adrenalinica (alla Cameron): in tal modo entrambe le anime dei due autori coesistono notevolmente. Inoltre i personaggi hanno una certa evoluzione durante lo sviluppo, non risultando solo buoni o cattivi, ma imperfetti, come tutti gli esseri umani (e non tutti lo sono); la stessa eroinca protagonista ha un’evoluzione simile a quello di un bambino (o Pinocchio, essendo un’essere assemblato) che affronta le varie fasi della crescita, scoprendo potenzialità sempre nuove grazie ai propri trauma, agli errori che ogni “bambino” committee e soprattutto all’amore per un umano, un diverso (tema caro alla fantascienza). Purtroppo non siamo dalle parti di Terminator 2 o di Avatar: qui è il ritmo rapido a dettare legge, sacrificando una certa ottica più “matura” dello script per inserire più dettagli possibili del racconto nella durata stabilita.
Nonostante ciò, chi merita tutti i complimenti è il reparto tecnico.
Questo film è stato coccolato con amore dal papa’ de Titanic e ci ha investito quanto più poteva, ottenendo bei risultati; la fotografia cupa di Bill Pope e la colonna sonora di Junkie XL, unite a strabilianti effetti speciali, ci trascinano in uno spettacolo pirotecnico di scene d’azione maestose, inseguimenti (“rubati” al cult Rollerball) tra esseri meccanici (per la gioia dei fan) e scene di lotta spettacolari, mai invasive e degne di un fumetto, senza un’inquadratura buttata a caso, nelle quali si riconosce il loro autore (gli zoom sono un marchio di fabbrica di Rodriguez).
E grazie al formato IMAX 3D si varca il “confine” dello schermo senza intoppi, verso quel mondo curo e grandioso di robottoni, astronavi e armi hi-tech fantasiose; forse, in parte, il “miracolo” di Avatar è stato ricompiuto.
Se ci si affeziona ai personaggi è grazie ai loro interpreti: Christoph Waltz è un bravo “papa Geppetto” (ma è strano che un tedesco abbia un nome pseudo nipponico), Jennifer Connelly una sempre bella donna e credibile (pseudo)cattiva, Mahersha Alì un notevole cattivo e promessa attoriale; Jackie Earle Haley un divertente cattivone d’acciaio … e chi merita applausi è Rosa Salazar: la sua Alita in motion capture ha sí un corpo androide, ma anche un gran cuore, che pulsa.più di quello umano ed è capace di provare empatia, amore e furia come un attore in carne ed ossa.
Impossibile non restarne ammaliati.