A beautiful day

A sei anni dall’ultima regia Lynne Ramsay trova in Joaquin Phoenix l’interprete d’eccezione di un’opera folle, fuori da ogni classificazione.

Tratto da un romanzo di Jonathan Ames, A beautiful day racconta di Joe (Joaquin Phoenix), ex marine ed ex agente FBI, che vive una vita in solitario, di cui fa parte solo una madre anziana, e che si divide tra il “lavoro” di killer e quello di aguzzino. Reduce da un passato di traumi di guerra e abusi, Joe s’investe del ruolo di salvatore di ragazzine vittime del racket della prostituzione di lusso. Il senatore Albert Votto (Alex Manette) gli commissiona il recupero della figlia Nina (Ekaterina Samsonov), e Joe scopre un giro di pedofilia e corruzione. Da qui in avanti, un turbine di violenza inaudita.

Sebbene non siano molte le opere che la scozzese Lynne Ramsay conti al suo attivo, è già molto facile riconoscerne una vena autoriale chiara. Un po’ com’era stato per il precedente …E ora parliamo di Kevin (2011) con Tilda Swinton, è difficile immaginare cosa sarebbe A beautiful day senza il volto del suo interprete principale, lo straordinario Joaquin Phoenix, nelle cui manie la regia si immerge, entrando in totale simbiosi. Con impressionante disinvoltura il film pratica sin da subito una suspense di forte stampo hitchockiano, testimoniato anche da una raffinata citazione, e scavalca presto qualsiasi classificazione di genere, passando dal thriller psicologico, al noir, all’horror, nel segno di una crudezza tersa e del disorientamento puro. Sebbene chiari siano i riferimenti a un cinema classico in generale, e ci siano qui e lì richiami a opere come Taxi Driver di Martin Scorsese, e Old boy di Park Chan-wook, Drive e The Neon demon di Nicolas Winding Refn e  Il cattivo tenente di Abel Ferrara, è importante specificare che A beautiful day non è nulla di tutto questo, ma ha una capacità vera di allontanarsi da ogni titolo che lo ha in qualche modo preceduto.

I ritmi caotici e pulsanti dell’eccezionale colonna sonora di Johnny Greenwood sono letteralmente costruiti sugli umori del personaggio interpretato da Phoenix (i due si erano già incontrati in The Master di Paul Thomas Anderson) e diventano il ‘filo nascosto’ di un viaggio psicotico all’interno dei turbamenti di Joe. Nella stessa direzione viaggia sia la fotografia (di Thomas Townend) che la regia, in uno stile frammentato, tempi anestetici, e la scelta di un’immagine sempre compatta, grazie all’uso d’inquadrature strette che prediligono primi piani e i dettagli, e che restituiscono alla perfezione il senso di claustrofobia della tensione, che toglie il respiro come la busta di plastica in cui di tanto in tanto Joe immerge il viso per esercitarsi. La performance attoriale di un Joaquin Phoenix corpulento, barbuto e sanguinario è totalizzante, e viene ben accompagnata dalla freschezza e l’asetticità di Ekaterina Samsonov, modella e attrice russa classe 2003. Il film è un’esperienza irrazionale e ambiziosa che coraggiosamente, e anche in maniera azzardata, si districa tra le sue numerose ellissi e corre il rischio in più momenti di essere frainteso, riuscendo molto più quando si concentra sugli stati d’animo e sull’assuefazione dalla violenza che sulla trama vera e propria, che a volte accenna e consapevolmente attraversa temi come la perversione della politica e della società americana. Unica nota dolente è forse nella scelta della distribuzione italiana, e con essa di diversi paesi europei, del titolo “A beautiful day”, ossia quella “bella giornata” a cui Joe si riferisce sul finale, che maldestramente cerca di restituire un carattere sognante che forse non è il vero senso dell’opera, il cui titolo originale You Were Never Really Here, “tu non sei mai stato qui”, sembra molto più centrato. Premio alla migliore sceneggiatura e al miglior attore al Festival di Cannes 2017.

Luca Taiuti

Cresciuto per lo più a pane e film fin dagli albori della fanciullezza, laureato in Lingue e Letterature Straniere all’Orientale di Napoli, ho sempre fatto del cinema la mia passione, la mia dipendenza, la mia ossessione, il mio amore, il mio sollievo, la mia inquietudine e, successivamente, il mio lavoro. Amo il teatro, che è nella mia formazione e nella mia quotidianità, e che mi ha permesso di scrivere e dirigere diversi lavori, tra cui alcuni cortometraggi, che hanno partecipato a festival e concorsi internazionali. Assistente alla regia per professione, critico per diletto, ma sognatore nella vita. email : [email protected]

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