TOLKIEN

La storia di uno degli autori più amati di sempre arriva finalmente sul grande schermo con un biopic appassionato nonostante alcune libertà.

Riuscire a raccontare la vita di un personaggio attraverso la settima arte è un’impresa colossale nonostante negli ultimi anni si sia consolidata la convinzione che bastino canoni e strutture fisse per poter confezionare un biopic perfetto per il pubblico e, soprattutto, per i grandi premi. Avventurarsi tra le pieghe di una personalità trovandone i tratti più interessanti e, in parte, poco conosciuti è una vera impresa cinematografica. Trovare, inoltre, i toni giusti per raccontare ogni carattere è il tocco in più, il dettaglio in grado di fare la differenza in un genere fin troppo abusato. Il rischio preso dal regista finlandese Dome Karukoski e dagli sceneggiatori David Gleeson e Stephen Beresford è stato altissimo. J.R.R. Tolkien è una figura che a inizio novecento ha rivoluzionato il genere letterario fantasy riscoprendo tradizioni dimenticate, ponendo forse inconsapevolmente le basi per una spesso sottovalutata rinascita dello stesso filone nel cinema cento anni dopo. I sei film tratti da Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit hanno raccontato la creatività e l’immaginazione di un autore di cui, però, non è mai stata approfondita la vita.

Tolkien, arrivato ora nei cinema italiani, si pone questo obiettivo.  La tensione della Battaglia delle Somme della Prima Guerra Mondiale introduce al pubblico J.R.R. Tolkien (Nicholas Hoult), giovane studente universitario di Oxford arruolato tra le fila dell’esercito britannico. La desolazione e gli orrori del conflitto porteranno il ragazzo a riflettere sulle tappe della sua gioventù segnata dalla perdita dei genitori, sul legame d’amicizia animato da letteratura e poesia e sul suo rapporto con Edith (Lily Collins). Tolkien non può e non potrà mai essere considerato un film rivoluzionario nel suo genere proprio per la sua estrema riverenza nei confronti del personaggio ritratto nella pellicola. Tuttavia, il primo film in lingua inglese di Karukoski è un solido e valido esempio di come, attraverso i giusti toni, è possibile rendere appassionante e coinvolgente, nel bene e nel male, ogni lato di una personalità. Tramite accurate sequenze di flashback e di sottile sovrapposizioni tra la vita dell’autore e le sue opere più celebri, il film trova la chiave giusta per raccontare vicissitudini e fortune alterne attraverso la passione più grande di Tolkien: la filologia. Leggende e lingue antiche permeano la narrazione dettandone un ritmo intrigante e inaspettato che rispecchia proprio lo stile di scrittura di Tolkien, in grado di prendersi i giusti tempi per contestualizzare ma anche di immaginare ferventi attimi di epiche battaglie. Tolkien, grazie a buone interpretazioni dell’intero cast e a una scrittura accogliente e mai fuori luogo, trova una voce capace di rivolgersi sia agli appassionati – che troveranno non pochi riferimenti – che a chi conosce ben poco questo autore. Proprio in questo duplice risultato risiede il valore di un film perfetto per una serata tra fantasia e realtà. 

Federica Gaspari

Cresciuta sulle rive del Lago Maggiore, dal ’95 scandisce il tempo con film, serie tv e libri. Nel tempo libero studia ingegneria ma, ad oggi, non è ancora riuscita a scoprire i segreti del flusso canalizzatore di Doc. Tra un passatempo e l’altro riesce ad assillare chiunque con teorie su Inception e ossessioni per registi e attori.

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