La gabbianella e il gatto
LA GABBIANELLA E IL GATTO
Cos’è che ha portato questa pellicola al successo?
Basata sull’omonimo libro di Luis Sepúlveda ( Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare ), la storia è nelle corde di D’Alò , che ama le fiabe e i racconti intelligenti per i più piccoli; si parte con i divertenti scontri tra un gruppo di gatti di quartiere contro una gang di topi, affamati di immondizia (ovvio!) e di qualunque cosa serva loro per ingrassare avidamente, oltre a tentare di conquistare sempre maggior potere all’infuori delle fogne in cui risiedono. Guidati dal buffo Grande Topo (voce di un bravissimo Antonio Albanese ), essi fanno ridere i bambini, ma un adulto ci può trovare la rappresentazione, in scala “animale”, dei parassiti umani, i peggiori esseri viventi che approfittano dei più deboli, sottraendo loro quanto più possibile (rubano anche pesce ad un povero pescivendolo). A loro si contrappongono i gatti, rappresentazione del “comune cittadino” che, con un po’ di coscienza, tenta di “alzarsi” contro gli approfittatori; ma, come tutti i “ribelli”, anch’essi hanno una vita privata da difendere, hanno dei padroni/famiglia da proteggere e ai quali non poter confidare nulla: è VIETATO PARLARE CON GLI UMANI, per non allarmarli.
Ne sa qualcosa Zorba (voce di Carlo Verdone) , il simpatico gatto nero protagonista e “portavoce” di una grande svolta di trama:
una gabbiana in fin di vita piomba nel suo giardino, dopo essere stata infettata in mare da del petrolio perso in mare; questa, in procinto di deporre il suo primo uovo, si fa promettere tre cose dal gatto: “ non mangiare l’uovo che deporrò “, “ prenditi cura del piccolo ” e “ insegnagli a volare ”.
Poi spira, “ uccisa dalla pazzia degli uomini ”, non prima di dare alla luce l’uovo che farà nascere la piccola Fortunata (voci di Veronica Puccio e di una giovane Domitilla D’Amico) .
Ecco il nuovo personaggio, un’ innocente “bambina” che porta a nuovi desideri e nuove ambizioni per tutti, buoni e cattivi.
Zorba si ritrova, suo malgrado, a fare da padre ad un diverso , non senza problemi iniziali (spassosa la sequenza della nascita e le incomprensioni sulla “pappa” per la piccola), ma memore delle promesse fatte ad un altro diverso , che ha saputo leggerlo negli occhi (“ hai un cuore grande come quello di un gabbiano” ) e andare oltre le barriere che i comuni mortali si impongono ogni giorno, per “difesa” … o paura dell’altro.
Dunque egoismo .
I gatti si adeguano a fare da amici e guide alla piccola, crescendola come fosse un gatto … i topi invece, stupidi e ignoranti, la scambiano per una “figlia dei gatti” e credono che i gatti abbiano iniziato a “deporre” le uova: è l’occasione per il Grande Topo di salire dalle fogne, screditare i gatti accusandoli di “pazzia”, di diversità e tentare una scalata “sociale”.
In fondo, è troppo facile sfruttare l’egoismo e l’ignoranza per la conquista del potere (la storia, anche recente, insegna).
D’Alò è bravissimo a sottolineare queste piccole/grandi critiche sociali, analizzando anche i limiti che i “buoni” hanno nei confronti della diversa : si ricordi che Pallino , il gattino del gruppo, prova invidia e rabbia nei confronti di Fortunata e, senza volerlo, “apre la porta” ai topi per rapire la gabbianella. Ma l’autore insegna anche che l’unione fa la forza e che si può sempre rimediare agli errori, con saggezza e intelligenza.
Ecco che tutti i gatti, uniti, sfruttano il trucco del cavallo di Troia per assaltare i topi prossimi all’ “ascesa” (e a divorare la piccola gabbiana): tutta la sequenza nelle fogne, complice la bella musica “rock” di David Rhodes , è ancora oggi accattivante e soddisfacente.
Ma Fortunata cresce presto, non si riconosce più come “gatto”, ma come gabbiano , bisognoso di seguire la sua natura. Dopo non averla mangiata e averla cresciuta e protetta, a Zorba tocca l’ultima delle tre promesse: insegnarle a volare . Con la saggezza di un vero padre, al di là della differenza “gender”, è emotivamente vicino alla “figlia” e pronto a tutto pur di farla riunire ai suoi simili, in cielo.
D’Alò ci ricorda, ancora, che l’unione fa la forza … e a chi chiedere aiuto se non ad una bambina loro amica? Un’UMANA? Anche a costo di PARLARE con ella?
Certo, gli umani sono responsabili della morte della mamma di Fortunata … ma se un gatto è riuscito ad andare oltre i limiti del proprio essere per aiutare un diverso , perché non può farlo un umano?
Un bambino poi, più “semplice”, “buono” e senza i filtri degli “stolti” adulti …
Crescita dell’individuo, invito alla tolleranza, rispetto degli esseri (animali e non) e invito ad aprirsi e a donarsi al prossimo … cosa volere di più da un film d’animazione che insegna ai più piccoli come essere adulti migliori?
Si aggiunge un grande comparto tecnico, con i soliti colori “a pastello” tipici di D’Alò , le forme dei personaggi “leggere” e ambientazioni “minime” ed essenziali, che danno l’illusione che un libro di fiabe abbia preso vita; ottime anche le canzoni (indimenticabile la commovente So Volare di Ivana Spagna sul bellissimo finale), sempre al punto giusto e mai vuote.
Un piccolo/grande Capolavoro. Tutto italiano.