Van Gogh

La candidatura ai Golden Globe e la presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia parlano da sole. Ci troviamo davanti a un film raffinato e profondo, Van Gogh- sulla soglia dell’eternità colpisce l’anima dello spettatore, inebriandolo della settima arte: il cinema.  Esso infatti è un film metacinematografico, si discosta dalle norme stilistiche tradizionali e pone sulla pellicola i processi creativi alla base della cinematografia.  Più che sui contenuti, Julian Schnabel, il regista, si concentra sulla forma. Otteniamo così un film sensoriale, che pone la vista dello spettatore su un piedistallo e ci fa vivere un viaggio attraverso gli occhi dello stimato artista olandese.  Sarà perché il regista, oltre a essere tale, è pure un pittore, ma di sicuro possiamo definire questa sua creazione un lungo dipinto che dura 110 minuti.

 

Attraverso riprese con telecamere a braccio, come si usava fare ai tempi della Nouvelle Vague, primissimi piani con spesso lo zoom su dettagli e l’uso del filtro giallo per trasmetterci la xantopsia dello stesso Van Gogh, otteniamo un lungometraggio che nutre i nostri occhi di tutte le tecniche cinematografiche dello scorso secolo, arrivando a parlare di arte attraverso l’arte, sebbene siano appartenenti a due categorie diverse.  La vita di Vincent Van Gogh viene descritta, studiata e messa in musica grazie a vari tecnicismi, ma soprattutto grazie alla magistrale interpretazione di Willem Defoe, che come sempre dà prova di essere un attore straordinario.  Non viene lasciato nulla al caso, vengono studiati perfino i singoli movimenti del viso che sono amplificati dal guardare in camera, sfidando le leggi alla base del rapporto film-pubblico.  La colonna sonora è molto semplice, se fosse stato il contrario sarebbe stato quasi grottesco, invece il regista si limita a inserire qualche pezzo a pianoforte nelle scene in cui prevalgono i campi lunghi sulla natura, ammutolendo, d’altro canto, ogni altra parvenza di suono nelle scene che presentano dialoghi o monologhi.  Un film d’autore che arricchisce, una vera e propria chicca per gli amanti dell’arte, non solo quella su tela, ma anche quella su schermo.

Giuditta Bergamasco

19 anni, una grande passione per il cinema. Amo i thriller psicologici, i film romantici, quelli comici e anche i drammatici. Frequento Scienze dei beni culturali alla Statale di Milano, sto studiando per rendere questa mia passione un lavoro, perchè fin da bambina i film mi hanno insegnato che i sogni son desideri e realizzarli non è mai impossibile.

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