The post

Washington, 1971. Kay Graham (Meryl Streep) è alla guida della prestigiosa testata The Washington Post, giornale gestito dalla sua famiglia ma che, dopo la morte del padre, è passato direttamente al marito e poi, una volta morto anche quest’ultimo, a lei. Grazie al rapporto di amicizia e fiducia con il direttore del giornale Ben Bradlee (Tom Hanks) capirà l’importanza del suo ruolo e della forza che può avere la ricerca della verità. Dovrà decidere se pubblicare o no i “quaderni del Pentagono” (documenti top secret sulle strategie e i rapporti del governo degli Stati Uniti con il Vietnam tra gli anni ’40 e ‘60) portando pubblicamente alla luce ciò che quattro Presidenti hanno nascosto e insabbiato per anni.

Coadiuvato dalla colonna sonora di John Williams e dalla fotografia chiaroscurale di Janusz Kaminski, Spielberg dirige questo thriller politico in modo avvincente e dinamico, con una regia sinuosa che trasforma le molteplici scene girate in interni in un caleidoscopio di intenso rimando a ciò che non si vede. Il Vietnam mostrato all’inizio del film in una breve sequenza d’apertura viene continuamente evocato dalle parole dei personaggi che aprono spiragli verso il mondo di fuori, anche se i dialoghi avvengono per lo più in salotti di case lussuose o in uffici eleganti.

 

Così come ne “Il caso Spotlight”, la luce diviene protagonista anche in “The Post”: la luce sui fatti ma anche negli animi umani. La luce che si accende in ciascuno dei protagonisti (in particolar modo negli occhi di una Meryl Streep gigantesca quanto composta nella sua umiltà) rende l’opera di Spielberg un film limpido e sincero. Candidato agli Oscar 2018 per Miglior Film e Miglior Attrice protagonista, “The Post” è un racconto sul coraggio e sull’amicizia, sull’America di ieri ma anche di oggi, sul valore di credere in quello che si fa, nonostante si rischi tantissimo. Ecco, di film come questo ce n’è bisogno più che mai. In un’epoca in cui tutto sembra scorrere via come se niente fosse ma che invece lascia profonde cicatrici invisibili, Spielberg si conferma essere un grande bardo della narrazione più pura proprio perché spinta dalla ricerca spasmodica di rendere pubblico ciò che è sepolto in ognuno di noi: la voglia di credere che la via giusta esiste ed è lì che ci aspetta.

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