SCARY STORIES TO TELL IN THE DARK

Recensione Scary stories to tell in the dark

Figlio del mood vintage e soft horror iniziato con Stranger Things e proseguito con i due capitoli di It, Scary stories to tell in the dark pare non aver capito a pieno quali fossero i punti di forza delle sue ispirazioni e manca spesso il bersaglio. Cominciamo con l’ambientazione di fine anni ‘60. Quello che ci hanno insegnato tanto It che Stranger Things è che il fascino di un’epoca passata ma tutto sommato vicina a noi, attraverso la nostalgia per i suoi props e le sue mode, può dare carattere a una storia (anche nei suoi momenti meno riusciti). Il cinema funziona davvero quando parla per immagini e nel caso del vintage è ancora più importante sentirsi immersi in quell’epoca da scenografie, costumi e piccoli dettagli che fanno tutta la differenza.  Tutto questo manca in Scary stories, che sembra essere ambientato ai giorni nostri e solo attraverso i continui riferimenti a Nixon e alla guerra del Vietnam cerca l’appartenenza a un’altra epoca, come se ogni tanto durante la visione qualcuno ci desse un colpetto sulla spalla e dicesse: “hey, comunque ricordati che siamo negli anni ‘60!”. Anche il citazionismo alla tradizione dei monster movie risulta un po’ claudicante (a parte alcune centratissime scene in cui si sente chiaramente lo zampino di del Toro), ma, sebbene non possa considerarsi un film spaventoso, a tratti riesce a creare ottimi momenti di tensione.

Come in It anche in Scary stories c’è l’ambizione di rendere il rancore e l’emarginazione la fonte della paura, più che una qualche imprecisata magia (a un certo punto lo dice proprio esplicitamente attraverso uno dei personaggi), ma questa intuizione si perde quasi subito e il film non riesce ad amalgamare efficacemente critica sociale e ambientazione fantasy. Un peccato, perché le prime scene con antagonista il bulletto di turno funzionano molto bene. Il cast di giovani attori segue una logica comune di questi tempi, volti nuovi ma che ricordano controparti più famose (Gabriel Rush è uguale alla star degli anni ‘80 Anthony Michael Hall, sarebbe stato perfetto se il film fosse stato ambientato 15 anni dopo). I team up funzionano bene, ma spesso il background dei protagonisti non è ben raccontato e suona sempre pretestuoso. Incomprensibile la scelta di trasformare questo film nel primo di una serie, con un finale così forzatamente aperto da risultare fastidioso. Se non fosse per quest’ultimo elemento Scary stories potrebbe essere un buon film di Halloween per un target giovane o molto giovane, quasi un capitolo di Piccoli Brividi, e invece solo nei suoi ultimi istanti cerca un sequel, senza davvero aver costruito un percorso che porti a un nuovo capitolo della storia.

Valentina Buggè

24 anni, disegnatrice compulsiva, negli ultimi anni la mia passione per il fumetto e l'animazione si è estesa al cinema in tutte le sue forme. Laureata in architettura, il mio sogno nel cassetto è specializzarmi in scenografia. Nel frattempo, divido le mie giornate (e quando serve le nottate) tra plastici, film e manuali di cinema email : [email protected]

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