Morto Stalin, se ne fa un altro

Il regista scozzese di origini napoletane mette in scena una black comedy sulla morte di Stalin in cui un’ironia tagliente e dilagante diventa la peculiarità di una raffinata satira storico-politica.

 

Più o meno ignoto a una fetta di grande pubblico italiano, il talento registico del 54enne Armando Iannucci non era sfuggito invece ai radar dei più attenti osservatori limitrofi. Figlio di Armando senior, un napoletano emigrato in Scozia, che negli anni ’50 cercò fortuna aprendo una pizzeria a Glasgow, dove poi conobbe la futura moglie, Armando junior è uno degli attori più amati di Scozia. Con il suo umorismo irriverente, che secondo alcuni avrebbe cambiato il volto della comicità d’Oltremanica, ha prima condotto diversi Morto Stalin se ne fa un altroshow (su tutti il The Armando Iannucci Show di Channel 4) ed è diventato famoso soprattutto per le sue satire spregiudicate su Tony Blair, poi ha scritto e diretto sia la serie di successo Veep – Vicepresidente incompetente che il film In the Loop (2009) campione d’incassi nel Regno Unito, dove una sarcastica guerra in Medio Oriente decisa dal primo ministro britannico e dal presidente degli Stati Uniti d’America innesca una serie di opinioni contrastanti tra i vari collaboratori.

In questo scenario si inserisce Morto Stalin, se ne fa un altro che, come le opere precedenti di Iannucci, si sviluppa su una figura di potere, ma tranquilli, non si tratta di un altro ritorno in vita di un despota (vedi Lui è tornato di David Wnendt basato sull’omonimo romanzo in cui Hitler si risveglia nel 2014, o il remake Sono tornato di Luca Miniero su Mussolini, in uscita il 1 febbraio 2018).

 

Il 3 marzo 1953 Stalin (Adrian McLoughlin), dittatore dell’Unione Sovietica, viene stroncato da un’emorragia cerebrale. La sua morte verrà dichiarata ufficialmente solo due giorni più tardi, durante i quali avrà luogo un teatrino di delirante disumanità ai fini di ottenere il potere supremo e che vedrà tra i protagonisti sia i figli di Stalin, Vasilij (Rupert Friend) e Svetlana (Andrea Riseborough), sia la sua squadra ministeriale composta dal generale Georgij Žukov (Jason Isaacs), Nikita Chruščёv (Steve Buscemi), Georgij Malenkov (Jeffrey Tambor), Vjačeslav Molotov (Micheal Palin) e il corrotto Lavrentij Berija (Simon Russel Beale).

 

SMorto Stalin se ne fa un altroe nel precedente In the Loop le qualità di Iannucci erano come un faro abbagliante e la sua ironia si combinava a uno stile documentaristico di cui sopravvive qualche scoria, Morto Stalin, se ne fa un altro si propone come opera di ben più ampio respiro e ambizioni. Tratto dall’omonima graphic novel di Fabien Nury e Thierry Robins, nel film è evidente un’influenza fumettistica sia nelle introduzioni dei personaggi che in svariati esilaranti siparietti, elementi che si sposano perfettamente con il linguaggio filmico di Iannucci che alterna camera fissa e macchina a mano, in un connubio di montaggio delicato e sopraffino. Un’ironia dissacrante e concreta riesce con efficacia a trainare le redini del racconto sul potere e sugli squilibri interni all’élite bolscevica, una satira sagace che si configura come scelta coraggiosa, dal momento che non cede mai alla tentazione di divagare nel grottesco. Attenzione però, la risata non è il fine bensì il mezzo, attraverso cui insinuare un dubbio molto sottile: quali conseguenze ha la morte di un dittatore se non un’ulteriore delirante e corrosiva sete di totalitarismo e di potere? In un gioco tra realtà e fantasia, i personaggi che gravitano attorno a Stalin interagiscono, discutono arrivando a minacciarsi e ridendo al cospetto del suo cadavere, con una disinvoltura e un cinismo che si fanno elementi rivelatori uno stato in crisi, l’URSS in preda a ipocrisie, sofferenze, sudditanze, fobie, dove la popolazione non conta più nulla, e non vede l’ora di liberarsi dalle catene della schiavitù sociale. Proprio su questo viene messo a rischio una parte centrale, che riflette sulla disperazione nazionale, dove il film subisce un’inevitabile battuta d’arresto di fronte a un inizio più dinamico, ironico e teso. Nonostante questo, ogni elemento della drammaturgia e della messa in scena viaggia nella stessa direzione. Momenti di enorme impatto visivo si alternano a dialoghi teatrali strabordanti e ricchi di freddure che trovano la massima espressione in uno humor tutto british, che inevitabilmente ci riporta alla mente le opere dei Monty Python, di cui forse mancano solo le argute follie deliranti. Ed è proprio un ex membro dello storico gruppo di comici britannici a essere uno dei protagonisti, ossia il brillante Michael Palin, che impreziosisce un cast navigato in cui spiccano le presenze Steve Buscemi, Simon Russell Beale, Paddy Considine, Jeffrey Tambor e Olga Kurylenko, tutti interpreti straordinari  di una macchina attoriale formidabile, che riescono a non smorzare mai il livello della vis comica portata alla sua massima espressione grazie ad una direzione di notevole riuscita corale.

Luca Taiuti

Cresciuto per lo più a pane e film fin dagli albori della fanciullezza, laureato in Lingue e Letterature Straniere all’Orientale di Napoli, ho sempre fatto del cinema la mia passione, la mia dipendenza, la mia ossessione, il mio amore, il mio sollievo, la mia inquietudine e, successivamente, il mio lavoro. Amo il teatro, che è nella mia formazione e nella mia quotidianità, e che mi ha permesso di scrivere e dirigere diversi lavori, tra cui alcuni cortometraggi, che hanno partecipato a festival e concorsi internazionali. Assistente alla regia per professione, critico per diletto, ma sognatore nella vita. email : [email protected]

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