Boy Erased

Basato sul libro di memorie Boy Erased: A Memoir scritto da Garrard Conley, autore americano vero protagonista della vicenda, il film parla del tentativo di rieducazione sessuale dell’adolescente Jared Eamons, che sceglie, spronato dai genitori, di entrare in un programma di terapia di conversione di tentazione omosessuale. Mentre è lì, Jared entra in conflitto con il suo “terapeuta” e inizia per lui il viaggio alla ricerca della propria voce e di accettazione del suo vero io.

Il film offre una serie di spunti di riflessione attuali.

Primo e più evidente è l’omosessualità intesa come qualcosa a cui porre rimedio, una sorta di sviamento della retta via che richiede pertanto un percorso correttivo forte, non privo di punizioni esemplari (terribile la sequenza dell’inscenamento del funerale di un ragazzo che rifiuta di collaborare alla propria “conversione”) ed umiliazioni. Non senza un certo pietismo il regista e sceneggiatore Joel Edgerton svela il trattamento disumano riservato agli omosessuali americani. Anche quando il settaggio temporale porta lo spettatore indietro di trent’anni, viene precisato dalle didascalie finali che tutt’ora in ben trentasei degli Stati americani vengono imposti ai minorenni omosessuali trattamenti simili. Questo dato, oltre che ad indignare, rimarca un certo bigottismo con cui ciò che non si comprende viene etichettato come contrario: alla religione, alla natura e al buon senso.

A questo del resto si aggrappa la figura del padre di Jared, pastore di una piccola comunità battista in Arkansas, e al timore che l’omosessualità del figlio allontani i fedeli dalla chiesa. In forza di questa convinzione allontana e si allontana dal figlio affidandolo a “cure esperte”.

Ed il padre, così come le altre figure maschili presenti nella vicenda non fanno che avvalorare l’idea di un universo contraddittorio che attrae e respinge al tempo stesso, di fronte al quale ci si sente giudicati ma anche spronati. Jared è confuso, non capisce a chi debba dar credito, cosa ci sia di sbagliato in lui, così, quando un compagno di percorso gli suggerisce di fingere per evitare di essere sottoposto a trattamenti più invasivi, Jared intuisce che non c’è via di scampo, che a nessuno interessa la verità dei sentimenti nel suo cuore. Che il punto non è convincere gli altri della bontà dei propri sentimenti perché sugli altri non abbiamo potere. Solo su noi stessi. Grazie a questa intuizione Jared si oppone duramente alle metodologie del centro smascherando un sistema fatto di persone insicure ed incapaci mosse dall’idea di redimere se stessi accanendosi sugli altri. Solo in questo modo la madre capisce chi sia veramente suo figlio, di cosa lo abbia privato e come lo abbia giudicato. E corre a salvarlo, pur sapendo che il suo gesto l’avrebbe allontanata dal marito e dalla vita della comunità.

Viene da pensare che la “cura” non è allontanare il problema ma abbracciarlo.

Annamaria Pesaresi

Riminese di nascita, romana di adozione, dopo la laurea in Giurisprudenza ho viaggiato e scoperto la passione per la scrittura. A Settembre mi sono diplomata in Sceneggiatura presso la Roma Film Academy di Cinecittà. email : [email protected]

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