AXL : un’amicizia extraordinaria

Qualche pomeriggio fa incappai un un trailer che trasformò la mia cronica disattenzione per la tv, in una curiosità adolescenziale. AXL un amico robot con sembianze di cane?
Essendo un figlio dell’invasione, nato agli inizi degli anni 70, fedele cane robot ha un sinonimo iconico: FLENDER. Per chi non lo conoscesse, Flender è il cane androide di Kyashan, il ragazzo fattosi androide per salvare l’umanità dalla schiavitù di Briking. E così la mia indole così radicata e nostalgica degli anni 80 mi ha fatto alzare, e recarmi ieri, in sala.
In tutta onestà non riponevo grandi aspettative, ma forse proprio per questo, sono tornato dal cinema con un sorriso molto sincero.

Due sono i dictat di AXL. Niente fronzoli ne preamboli, direttamente ai fatti, e atmosfera anni 80 immersiva.
Perchè immersiva? guardando questo buon film, avevo la netta sensazione di essere in una sala dei piccoli cinema cittadini porticesi, in un tardo pomeriggio di un giornata dei miei quindici anni. Trama tipicamente adolescenziale in chiarissimo stile “bella in rosa” o “karate kid”, narrativa sul “dogbot” che tanto strizza l’occhio a Jhonny5 di corto circuito (trama che per sommi capi ne ricalca il racconto), tentativi di empatia cibernetica alla “Electric dreams” o “War games”, e un tentativo di riagganciarsi al filone “intelligenza artificiale” diversamente trattato in “iRobot” e “Ciappie” (Humandroid).

Ne esce qualcosa di originale? forse no, troppe sono le ispirazioni che lo influenzano, ma nonostante questo il film scorre bene, piace nella sua semplicità (chi ha detto che per essere un bel film devi essere geniale e originale a tutti i costi?), e lascia, come in Ciappie, la consapevolezza che quella intelligenza artificiale senziente, non è prettamente legata alla “macchina” in se, ma più nella programmazione stessa di quelle che oggi definiamo “reti neurali”, che nelle accezioni più oscure hanno generato capolavori come Terminator e Matrix.

Altro aspetto interessante, che lo accomuna ai suoi predecessori, è la “mortalità”. AXL per quanto sia una macchina da guerra sfuggita al suo creatore, che si lega a Miles ben prima che il programma di “empatia digitale” sia avviato, è assolutamente distruttibile e mortale, come lo furono Jhonny5 e Ciappie. Meno coinvolgente è la resa del dolore, che negli altri due era più toccante, ma che a differenza degli altri risulta i veicolo stesso dell’empatia. Miles lenisce il dolore che AXL prova dopo un’incidente, e questo li lega. Riconoscenza cibernetica. Un’aspetto che forse negli altri non era presente, e che viene trattato qui in modo molto elementare e quasi infantile, ma che comunque si percepisce bene, proprio perchè talmente semplice da arrivare a qualsiasi livello d’età.

Una cosa che ho notato è il mechadesign di AXL. È decisamente bruttino, quasi a voler spostare il focus dell’unione uomo-macchina, dalla materia stessa del freddo metallo e chip, all’essenza stessa di AXL, che il software ha reso “evolvibile” e capace di sviluppare qualcosa che sembra una coscienza.

Un film rivolto ad un pubblico di giovanissimi, leggero e molto molto carino e corretto, tanto da non pittare da “cattivi” nemmeno le forze armate che tentano di recuperare “la risorsa”. Se però siete tra i 45 e i 50, dai ragazzi, facciamolo un salto in sala, perchè saranno 100 minuti che faranno tornare indietro nel tempo.

“È un robot intelligente e prova emozioni e io non lo lascio solo”

Massimo Impinto

Nato a Cercola, cresciuto tra la Penisola Sorrentina, la zona vesuviana e il Cilento, perito elettrotecnico, si innamora del mondo del web mentre agli inizi degli anni 90 frequentava gli studi di Giurisprudenza. Ha lavorato presso la Canon dove forma il suo background informatico. Dal 2008, dopo aver frequentato corsi di specializzazione, corona il suo vecchio sogno di lavorare come webmaster. Appassionato di Fumetti e Anime, ha coltivato da se una grande passione per la letteratura e gli studi umanistici, ma il suo amore incontrollabile è il cinema. Vivevo a Portici, che cinematograficamente ha anticipato i tempi. Quando i multisala non esistevano, Portici risultava il primo multisala al mondo, visto che in una cittadina di poco più di 4 km quadrati c'erano una decina di cinema. Le strade erano un caleidoscopio di locandine di film. Un sogno per un bambino e poi un ragazzino, che invece della paghetta chiedeva i biglietti per i film. Da me non vi aspettate critiche negative, perchè difficilmente ne faccio. Io vi descrivo le emozioni che provo nel vedere un'opera. email : [email protected]

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