12 Soldiers

È il 2001, 11 Settembre, quel maledetto giorno. La terra trema nel fragore di un impatto terrificante. Polvere e cenere oscurano il cielo, l’aria è irrespirabile. Nel cuore dell’America cadono le Torri Gemelle, simbolo del capitalismo occidentale, in nome della Guerra Santa. Una guerra che non ha ancora visto la fine, ma che sicuramente ha avuto il suo inizio, quando gli Stati Uniti, feriti e umiliati, con la giusta sete di vendetta, rispondono contro la neonata rete terroristica di Al Queda. Ne abbiamo viste e sentite tante; ricostruzioni più o meno realistiche nel mondo dell’intrattenimento, tra videogiochi e film, eppure, anche se non originalissimo, quello che ho appena visto ha un sapore inedito.

Jerry Bruckheimer, produttore dei film cult Black Hawk Down e Top Gun, tra gli altri, affida alla recluta Nicolai Fuglsig la regia di questo lungometraggio, per placare la sua sete di nazionalismo americano, con quello che agli americani riesce meglio. Fare la guerra.

12 Soldati ci racconta la storia di una delle prime ed inequivocabili vittorie dei soldati a stelle e strisce contro il regime del terrore dei talebani. Mentre gli Stati Uniti si preparano a una delle escalation belliche più sanguinarie della storia, 12 uomini scelti delle forze speciali, ricevono il mandato di catapultarsi nel “cimitero degli imperi” – più volte citato-  l’Afghanistan, un territorio cosi poco familiare e mai cosi tanto inospitale. La loro missione sarà quella di raggiungere l’importante avamposto a Mazar-e-Sharif, con l’aiuto del capo della fazione dei ribelli, il generale Dostum,  a suon di bombardamenti laser-guidati che avrebbero spazzato via le forze di Al Quaeda, una dopo l’altra, liberando il campo per l’avanzata dei 12 soldati elite. Non sempre le cose vanno come ci si aspetterebbe; il piano di attacco non sempre perfetto e il territorio talmente ostile costringono i militari a farsi strada a cavallo, tra orde di talebani pronti a tendere vigliacche imboscate. Proprio cosi, ed è proprio questo il lato inedito della narrazione, la variante sul tema “guerra moderna” che ad oggi rappresenta una novità quasi assoluta. Si tratta per altro di una storia realmente accaduta e narrata nel libro, best seller,  Horse Soldiers, che racconta, appunto, le eroiche gesta di questa missione, desecretata solo pochi anni fa, di quanto vedrete nel film.

Film che si apre con l’immancabile abbandono della famiglia da parte del capitano Mitch Nelson, interpretato dall’australiano Chris Hemsworth, chiamato a riunire il suo team per scendere in campo in questa missione atta a sferrare un primo attacco contro l’armata del terrore. Una fase non troppo drammatizzata, a differenza di film ben più noti, di genere, in cui il distacco viene vissuto con una enfatizzazione molto potente.Piuttosto, la caratterizzazione dei personaggi, con le sole eccezioni dello stesso Hamsworth e di Navid Negahban, che accentrano il meglio dell’interpretazione, è il grosso vulnus del film, che invece lascia spazio a una sequela di scene ad alto tasso di spettacolarizzazione, glissando troppo spesso sulla vicenda umana. Elemento fondamentale quando si parla di guerra e delle scelte che ti portano in campo bellico, quando sai che un colpo di kalashnikov può portarti via per sempre dal mondo che ami e che aspetta il tuo ritorno a casa, con gli occhi sognanti e lucidi.Il rapido incedere delle rappresaglie della milizia di Al Quaeda che cerca di fermare l’avanzata della flebile ma ben supportata compagine americana, con l’ausilio di esplosivi ed armi di ogni sorta, è l’offerta di una pletora di scene sensazionali, in cui, il contributo di un comparto audio potente, preciso e realistico rende il massimo dell’immersività. Vi sembrerà spesso di udire ancora i fischi dei missili anticarro, anche una volta calato il sipario. È un racconto di una guerra agli albori, con tutti i crismi e i canoni da rispettare, una missione suicida che si trasforma in una gloriosa vittoria.Non bisognerebbe essere mai amanti della guerra, ma, indubbiamente, per alcuni può avere il suo fascino, soprattutto se raccontata in maniera asettica e quasi documentaristica. Non è il caso di 12 Soldiers, che comunque, non fa cadere la sua carica esplosiva nelle immediate vicinanze della banalità, restituendo allo spettatore le aspettative ben riposte, ovvero la promessa di una messa in scena guerresca credibile e di buona fattura.   

 

Bisogna però perdonarli, sono americani, e quando mettono in scena conflitti armati e soldati, il loro ego smisurato per il super eroismo militare, viene fuori sfrontato e senza filtri.

Franz Guglielmo Severino

Mi chiamo Franz Guglielmo Severino, lavoro nel campo della grafica da diversi anni.
Vivo a Lugo (Ravenna) con un cane di nome Clay. Che amo. La mia più grande passione, unitamente al cinema (constatabile con una collezione di film in Blu Ray/4K di tutto rispetto) sono i videogiochi.
I miei registi preferiti sono Tarantino, Nolan, Shymalan, Spielberg, Fincher, e da qui dovrebbero essere anche implicitamente chiari i generi che prediligo :-)

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: