L’Agenzia dei Bugiardi

/Se mio padre avesse avuto un alibi sai quanta sofferenza ci saremmo risparmiati?/

L’Agenzia dei Bugiardi è il remake di una commedia francese ma sembra un film scritto sulla riga (nient’affatto falsa) delle commedie all’italiana.

Volfango De Biasi ha – coraggiosamente – centrato il cast attoriale.

Volti abituati alla commedia (come Massimo Ghini e Carla Signoris) affiancano facce nuove, molto social. Su tutte, Diana Del Bufalo, simpatica e giusta nel suo ruolo di WCinzia; Paolo Ruffini che dimostra di essere un bravo interprete della commedia italiana, l’empatico Giampaolo Morelli ed il consolidato Herbert Ballerina.

L’Agenzia dei Bugiardi, nome che peraltro trovo migliore rispetto al francese /Alibi.com/ è un’impresa. L’impresa – oggigiorno – è essere sinceri o inventare bugie? Su questo dubbio poco amletico e molto sentimentale non si dipana la matassa narrativa ma viene definito il core business dei sentimenti fra i protagonisti.

Il film è privo della risposta che, sicuramente leggendo, avrete appena dato: si schiera in maniera poco schietta a favore dell’effetto benefico della verità o di quello della bugia a fin di bene, senza mai voler indottrinare il pubblico e peraltro ingiungerlo di coltivare una coscienza da giovane marmotta, secondo la quale tutti dicono la verità e tutti sono puri.

Torniamo indietro.

Per esplicare il legame fra i protagonisti servirebbe uno spider gram. Giampaolo Morelli è il proprietario della società col compito di creare alibi e si innamora – casualmente – di Alessandra Mastronardi, figlia del suo ultimo cliente abbiente.

Nella società oltre ad Herbert Ballerina inizia a lavorarci Paolo Ruffini, un narcolettico molto sveglio che conquista il suo capo e il suo collega. L’allegra combriccola per coprire le spalle di questo nuovo facoltoso cliente viaggia in un resort pugliese sperando che il sole e il mare facciano la loro parte.

Al netto di qualsiasi approfondimento più o meno colto, più o meno radical chic, è un film che fa sorridere e quel sorriso è sorprendente.

Ci si aspettava un’assopita commediola italiota e invece si è di fronte ad una verve a tratti spumeggiante ma ricca di una satira mai sufficiente quando si parla d’amore e di relazioni sentimentali.

Chi non vorrebbe qualcuno che si occupi dei propri alibi?

Infine credo sia necessario spiegare l’accanimento sugli animali nel film. È una peculiarità del regista del film francese, riportata in Italia.  Suggerirei, nell’incoscienza di uno spettatore medio, di sottolineare la comicità o sottrarla al beneficio della narrazione.

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