IL BENE MIO

La carezza di Elia.

C’è un certo entusiasmo nello scrivere del film di Pippo Mezzapesa, entusiasmo pari alla felicità che prova Elia, protagonista del film, a vivere a Provvidenza. 

Sono ancora suggestionato dalla potenza de Il Bene Mio, ci penso e ci ripenso, immagini radicate nella testa e non svanisce l’effetto nostalgicamente romantico del racconto; poi penso al fatto di averlo visto dopo L’uomo che uccise Don Chisciotte di Gilliam, in cui, come è noto, Don Chisciotte è alla spasmodica ricerca della sua Dulcinea.  

Elia, nell’opera di Mezzapesa, è come Don Chisciotte. Non lotta contro i mulini a vento, recupera tutto e continua a vivere col pensiero costantemente rivolto alla sua Maria. 

L’amore come completamento, non solo nel momento in cui viene vissuto ma soprattutto quando viene ricordato. 

Quanto più è radicato il ricordo tanto più è forte l’amore. 

Il Bene Mio è una carezza a tutti gli spettatori, non un bacio né un abbraccio, una carezza. Di quelle dolci, sulla guancia, fatte con una mano delicata. 

Provvidenza è un paese spazzato via da un terremoto dove non vive più nessuno, fisicamente non esiste più ma che nostalgicamente resiste per Elia, suo unico abitante, superbamente interpretato da Sergio Rubini.

Voi non lo potete capire com’era bella Provvidenza.”

La nostalgia che vive negli occhi di Elia è potente quanto la forza di gravità: è tutta colpa sua, tiene attaccati alla terra. Questa nostalgia è trasferita bene al pubblico grazie ai movimenti lenti della macchina da presa, dalle steady cam e dai crane delicati, dalla fotografia dai colori semplici e dalla sceneggiatura genuina che vive di silenzi tanto efficaci e infine da una ambientazione che sembra ricostruita ad hoc, che invece esiste.

Esattamente come quando, nella vita di ogni giorno, si apre la camera dei nonni o semplicemente una scatola dei ricordi, insieme alla polvere si spargono nel vento le emozioni che i ricordi portano con sé. Questo è il bene mio.

Provvidenza, Elia e i ricordi sono un insegnamento che la nostra società non può perdere l’occasione di cogliere in un momento di stasi totale, in cui i cinema “astra” vengono demoliti e nessuno si ricorda più quanto possa essere bello rivedere Balla coi Lupi. 

[La scena in cui Elia riascolta Balla coi Lupi seduto alla poltrona del cinema che non esiste più è come leggere una poesia di Neruda.]

A Provvidenza o meglio a Nuova Provvidenza, c’è anche chi ha voglia di andare avanti, trattenendo le lacrime, girando la testa dall’altra parte, ricostruendo e alzando muri per cercare di dimenticare, ma i ricordi, si sa, prima o poi vengono a galla. 

Ogni scena del film è una contrazione sistolica che fa contrarre il viso, arricciando gli angoli degli occhi ed estendendo la bocca in un sorriso empatico. 

La Provvidenza di Elia è l’ospitalità di chi arriva per la prima volta al suo paese. Secondo grande insegnamento del film.
La Provvidenza del regista, Pippo Mezzapesa, che ha scelto degli attori sinceramente insostituibili. Chi altri avrebbe potuto interpretare Elia se non Sergio Rubini?

E poi, Teresa Saponangelo, Sonya Mellah, Francesco De Vito, Dino Abbrescia, Michele Sinisi, meravigliosi compagni di vita. 

È uno spaccato di sud, uno spaccato di noi che non possiamo lasciar andare. Come direbbe Elia “ricordare bisogna!”

Tutti al cinema a farvi accarezzare la guancia. 

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